(Quest'articolo è apparso su Linkiesta) - La gaffe è stata di quelle senza
rimedio: al convegno organizzato nei giorni scorsi in difesa della
famiglia da alcune organizzazioni cattoliche tradizionaliste con
l'appoggio della Regione Lombardia, ben visibili in prima fila i
vertici politici locali del centrodestra – Maroni, Formigoni e La
Russa fra gli altri – siede, subito dietro, don Mauro Inzoli,
storico dirigente di Comunione e Liberazione condannato dalla Santa
Sede nientemeno che per pedofilia. Non solo: il convegno –
“Difendere la famiglia, difendere la comunità” tenutosi il 17
gennaio - viene preceduto da polemiche aspre perché uno degli
intenti dell'evento è quello di dimostrare che l'omosessualità è
una malattia da curare. Per questo fra i promotori dell'evento che
c'è un'organizzazione, “Obiettivo Chaire” che è specializzata
sulla materia. Insieme a loro figurano quelli di “Alleanza
cattolica”, presenza ormai consolidata del tradizionalismo
cattolico con agganci nella destra italiana.
Avviene pure che un giovane prova a
prendere la parola per chiedere ai presenti se siano in grado di dire
con certezza che i loro figli sono tutti eterosessuali. Viene
sommerso dai fischi, alcuni si alzano, La Russa pure è fra i
contestatori, il ragazzo viene preso e portato fuori. Nel video
dell'episodio che circola sul web, però, spicca un particolare in
più: s' intravede don Inzoli seduto sorridente dietro le prime file
delle autorità esattamente nel posto in cui verrà immortalato dai
fotografi e quindi indviduato. Il convegno ha suscitato le proteste
delle organizzazioni per i diritti degli omosessuali, è stato
definito “omofobo” da più parti. Il presidente Maroni aveva
orgogliosamente difeso l'evento e la presenza del marchio 'Expo'
sulle locandine nonostante le richieste pervenute dal commissario
unico di Expo, Giuseppe Sala, di levarlo.
La sfida di Maroni e dei cattolici
tradizionalisti è lanciata, ma accade un fatto imprevisto: viene
rilevata da Sel la presenza al convegno di un prete ciellino di alto
rango, vicino a don Giussani, presidente dal 1997 al 2012 del Banco
Alimentare, amico della Compagnia delle Opere, sempre presente al
Meeting di Rimini, personaggio pubblico in cento occasioni del Banco
alimentare e di di Cl. Il prete è stato condannato per abusi sui
minori dalla Chiesa di Roma. Nel giugno del 2014 monsignor Oscar
Cantoni, vescovo di Crema, la diocesi di don Inzoli, affermava
infatti in un comunicato: “In nome della verità, in questi anni,
sono state eseguite rigorose ricerche, che hanno comportato pazienti
e sofferti confronti con le persone che hanno riferito i fatti. La
Chiesa ha preso atto della situazione, ha condiviso le sofferenze
riportate, ha aiutato le vittime a ritrovare serenità e speranza, e
ha concluso che don Mauro potesse riparare responsabilmente le ferite
causate dal suo comportamento attraverso 'una vita di preghiera e di
umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza' ”.
C'è però di più. Don Inzoli era
stato condannato dalla Congregazione per la dottrina della fede nel
dicembre del 2012 con una pena canonica particolarmente severa: la
dimissione dallo stato clericale, in pratica era stato spretato tanto
erano evidenti i fatti contestati. C'era però stato l'appello dopo
il quale i reati sono stati in effetti confermati, tuttavia papa
Francesco applicava un criterio meno rigido, fondato, spiegava il
vescovo, su due punti fermi: severità e misericordia. Così nel
giugno del 2014, si arriva a questa conclusione certificata ancora
una volta dalla Congregazione per la dottrina della fede: “In
considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente
scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una
vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione
e di penitenza. Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune
restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo
stato clericale”. “Don Mauro – si spiegava - non potrà
celebrare e concelebrare in pubblico l ’eucaristia e gli altri
sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l'eucaristia
privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei
confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o
culturali che li coinvolgano”. Quindi “Non potrà assumere ruoli
di responsabilità e operare in enti a scopo educativo. Non potrà
dimorare nella diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa
qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno
cinque anni, un’ adeguata psicoterapia”.
C'è una questione che viene fuori con
evidenza: don Inzoli ha disobbedito alla sentenza? Insomma è venuto
meno a quanto deciso dalla Santa Sede? Una delle indicazioni chiare è
quella di condurre una vita di “umile riservatezza”, e su questo
ci sono pochi dubbi: la sua presenza tanto evidente a un convegno
pubblico per altro così esposto ai media, è già un elemento
concreto; mentre l'inosservanza delle restrizioni forse non
emergerebbe da quel contesto ma è tutto da verificare.
Cosa deciderà il Vaticano è quanto si
appurerà nei prossimi giorni. Emergono però alcuni dati di fatto
dalla vicenda nel suo insieme. Don Inzoli è legato a
un'organizzazione cattolica, CL, che rappresenta un pezzo importante
di potere politico ed economico nel nord Italia in particolare ma non
solo. E' per questo che il sacerdote fa, in buona sostanza, come gli
pare anche di fronte a un giudizio definitivo della congregazione per
la dottrina della fede? Anche, certamente. Ma la realtà è che il
caso di don Inzoli rischia di non essere isolato. E se già non sono
molti in Italia i procedimenti aperti da tribunali vaticani contro
sacerdoti accusati di abusi sessuali, (mentre aumentano quelli
portati avanti dalla magistratura civile), per un malinteso senso
'corporativo' di cui la gerarchia ecclesiastica del nostro Paese non
vuole liberarsi, c'è anche la difficoltà nel verificare che la pena
venga rispettata e applicata.
Inoltre l'episodio rivela un più
generale allontanamento dal magistero del papa da parte di ambienti
cattolici conservatori che, ben lungi dal fare proprio il criterio
della Chiesa 'ospedale da campo', dell'accoglienza cioè verso tutti
pur nella salvaguardia dei principi - una Chiesa non dogana
burocratica ma che rispetta la complessità umana – promuovono al
contrario convegni politici in cui si vogliono 'curare' i gay. Per
incidente questa volta nella rete è cascato un prete riconosciuto
abusatore di minori dalla Santa sede, il che dicevamo suona come un
'de porfundis' per l'evento in sé. E tuttavia si registra ormai uno
scisma silenzioso a destra, che non esita ad appoggiarsi al
centrodestra politico in Italia, ricostruendo la vecchia alleanza
ancién regime dei decenni in cui la Chiesa italiana è stata guidata
dal cardinale Camillo Ruini. Non è un fenomeno di massa, sembra anzi
raccogliere frange estreme che si coagulano provando a rinsaldare
identitarismo religioso e nazionalismo conservatore, secondo uno
schema già sperimento negli anni scorsi e collaudato in Paesi come
la Francia. Però il fenomeno esiste.
C'è infine un altro aspetto della
vicenda che non può essere tralasciato. E cioè una sorta di
resistenza passiva della Conferenza episcopale ad ammettere la
collaborazione con le autorità civili nei casi di abuso sessuale da
parte del clero. Da diversi anni la Cei sta elaborando delle linee
guida contro gli abusi che sono state più volte riviste e criticate
dal Vaticano, il dibattito è ancora in corso.
Francesco Peloso
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